"Il dollaro ci ha aiutato a far rendere i nostri portafogli nel corso dell'ultimo anno, con la sua forte rivalutazione sull'euro. Adesso, però, è tempo di pensare che presto il dollaro potrebbe diventare un fattore regressivo: è ora di puntare su una più ampia diversificazione con altre valute e altri mercati".

Lo ha detto ad Affari&Finanza di Repubblica l'amministratore delegato di Banca Generali, Gian Maria Mossa, aggiungendo che il dollaro scenderà "perché è sempre stato così in passato. Ci sono state varie e profonde crisi internazionali in cui il dollaro ha giocato come bene rifugio ma sempre, poi, è tornato indietro. Lo farà anche questa volta. La valuta è l'unica variabile che torna sempre ai valori centrali".

Mossa è così sicuro "perché un valore del dollaro così elevato è ben compatibile con le elezioni di Midterm e aiuta a importare deflazione, pagando meno l'import. Ma d'altro canto penalizza le altre economie e in più stressa i Paesi emergenti". Il dollaro è importante per i portafogli degli italiani "per la diversificazione nei fondi e nei grandi titoli. La metà di tutto il nostro equity è investita in titoli denominati in dollari. Questo ci ha consentito di beneficiare della crescita della valuta Usa, ma noi crediamo che, passate le elezioni, il suo valore scenderà". E quindi "è giunto il tempo di diminuire l'esposizione sul biglietto verde, che toglierà performance ai portafogli, e di puntare sui titoli denominati in euro. Ci sono poi spazi per l'investimento in Cina, che è molto decorrelata dai Paesi occidentali, e in generale in Asia che ha sofferto moltissimo e può avere una ripresa".

La seconda parte dell'anno non sembra cominciata bene, tra aumenti dei tassi e Borse in calo. "Il periodo sarà ancora caratterizzato da una forte volatilità dei mercati. È chiara l'intenzione delle banche centrali di aumentare i tassi ma l'incertezza riguarda l'effetto reale che avranno sulla crescita. Se cioè saliranno senza bloccare le economie", ha continuato Mossa.

La preoccupazione è come difendere i risparmi dall'inflazione: "c'è una novità. Non c'è più la corsa alla liquidità, anzi è in atto una prima riduzione di questo stock: gli italiani, dopo vari anni in cui l'hanno accresciuto ora mostrano un comportamento opposto. Segno che c'è l'intenzione di non lasciar agire la scure dell'inflazione sui loro risparmi. A loro consigliamo portafogli ben diversificati nell'obbligazionario con logica cedolare senza però caricarsi di una duration lunga. E poi consigliamo i mercati azionari: l'equity, opportunamente modulato, è ancora uno dei pochi strumenti che ci aiutano contro l'inflazione".

I dati Assogestioni mostrano che c'è stato negli ultimi mesi un deflusso dal risparmio gestito, "ma oggi è tutto più calmo, lo dicono i numeri. Ormai i clienti del risparmio gestito non si fanno più prendere dall'emotività, anche se sono consapevoli della necessità di ridefinire l'asset allocation".

"Crediamo ancora che l'immobiliare e le infrastrutture siano una buona occasione di diversificazione. Serve però prudenza sui private markets e su strumenti di private equity" perché "i prodotti illiquidi non hanno ancora visto una riduzione del Nav (net asset value, la valutazione reale, ndr), come invece è successo alle azioni. Il rialzo dei tassi ha penalizzato gli investimenti a leva, e di certo il private equity è fra questi, ma non si è ancora scaricato sulle loro valutazioni. Credo che nei prossimi mesi, quando il ridimensionamento sarà avvenuto, ci saranno buone opportunità nel private equity, ma bisognerà farlo con prudenza".

In Italia c'è stato nel tempo un consolidamento fra le banche e uno fra le assicurazioni, tanto che adesso entrambi i mercati sono molto concentrati. "Credo che questo sia un business che dovrà affrontare una fase di consolidamento e che dovrà passare fra i grandi player. L'Italia è un mercato relativamente piccolo. Per crescere ancora si dovrà guardare all'estero e per farlo bisognerà avere una massa ancora più elevata di quella che oggi ha ciascun player".

La redditività del settore passa ancora in maniera rilevante dalle fee di performance, che però sono aleatorie essendo legate all'andamento dei mercati. "Noi da cinque anni abbiamo una strategia di diversificazione dei ricavi. La parte core, quella degli utili ricorrenti, continua a crescere tantissimo, con fee di gestione, di consulenza, di brokeraggio e ora di nuovo anche col margine d'interesse. In prospettiva il ruolo delle fee di performance è destinato a scendere e questo garantirà ulteriore forza viste le prospettive di utili sempre più stabili per gli azionisti", ha concluso.

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August 29, 2022 03:55 ET (07:55 GMT)

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