Un ponte, anzi il ponte. E mille ostacoli. Da quando il governo, più precisamente il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini, ha riesumato il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, bussando anche all'Europa per un contributo finanziario sui circa 6-7 miliardi di euro necessari, è subito apparso chiaro che gli anni trascorsi non hanno alleggerito la zavorra di contenziosi e criticità legate all'opera. Nemmeno il tempo di togliere la polvere dal faldone, scrive MF-Milano Finanza, e subito sono riemersi tutti i vecchi problemi, e ne sono persino spuntati di nuovi.

I travagli della procedura. Brevemente, la società Stretto di Messina, che avrebbe dovuto guidare la realizzazione dell'opera, è stata costituita l'11 giugno 1981, e nel 2007 è finita sotto il controllo di Anas, che detiene una quota dell'81,8% del capitale. Il resto del pacchetto azionario è suddiviso tra Rete Ferroviaria Italiana (13%), Regione Calabria e Regione Sicilia, ciascuna col 2,57%. Nel 2013, col dpcm firmato dall'allora presidente del consiglio Mario Monti, Stretto di Messina Spa è stata messa in liquidazione. Avrebbe dovuto essere una procedura lampo: 9 anni dopo, invece, la società (capitale sociale di 383 milioni di euro) è ancora qui. Pronta ad essere resuscitata, come prevede l'articolo 82 della legge di bilancio, ma virtualmente paralizzata dalle procedure legali, tra le quali spicca quella da 657 milioni di euro col consorzio Eurolink (Impregilo, ora Webuild, Condotte, Sacyr e altri), firmatario nel 2006 del contratto per realizzare il ponte. Ecco cosa scrive in proposito la Corte dei Conti, sezioni riunite, nella relazione sul bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 illustrata alle commissioni bilancio di Camera e Senato: "il cospicuo e complesso contenzioso processuale che ne è scaturito con le amministrazioni statali e con le controparti private (ed in più occasioni già diffusamente attenzionato dalla magistratura contabile) sta tuttora impedendo la chiusura della procedura di liquidazione, che nelle intenzioni del legislatore si sarebbe dovuta concludere entro un anno dalla nomina del liquidatore". In pratica, la soluzione individuata non è stata gradita. Si trattava, infatti, di "una definitiva e completata citazione di ogni diritto e pretesa", riconoscendo alle controparti soltanto il pagamento di un indennizzo di ammontare "rapportato alle prestazioni progettuali contrattualmente previste e direttamente eseguite, maggiorate di un ulteriore somma pari al 10%". Proprio da lì è scaturito il contenzioso che ancora non trova soluzione.

I dubbi della Corte dei Conti. Soprattutto, i magistrati contabili esprimono riserve sulla via indicata dal governo per superare l'impasse e riattivare Stretto di Messina spa: l'art. 82, infatti, impone alla società la rinuncia al contenzioso insorto con le amministrazioni statali e la definizione transattiva di quello con le controparti private, nonché la revoca della liquidazione e la rimozione dei vincoli all'esproprio delle aree interessate. La Corte però si sofferma sul comma 5: "Indipendentemente dall'esito della procedura transattiva, la revoca dello stato di liquidazione ha effetto immediato dal momento stesso della sua iscrizione nel registro delle imprese". In questo modo, puntualizzano i magistrati contabili, si procederebbe "senza consentire ai creditori sociali dissenzienti di esperire l'opposizione (ex art. 2487-ter, comma 2, c.c), qualora ravvisino pericoli di pregiudizio per le loro ragioni creditorie. Tale deroga potrebbe tuttavia veder frustrate le proprie finalità deflattive ed acceleratorie, e costituire essa stessa ulteriore fattore di incremento del contenzioso, laddove non superasse un eventuale vaglio di legittimità costituzionale". Un potenziale boomerang, insomma.

Nel frattempo, il consorzio Eurolink ha sollecitato il pagamento di 60 milioni di euro a titolo di ristoro dei costi sostenuti, oltre all'indennizzo, e lo svincolo della fidejussione bancaria di 239 milioni. Le lettere di diffida, inviate alla vigilia di Natale del 2020, ad oggi hanno assicurato solo lo svincolo della fidejussione, come riporta Webuild nell'ultima relazione finanziaria. Per inciso, la Corte dei Conti ha bacchettato anche la Regione Calabria, nel suo ruolo di azionista della Stretto di Messina spa. La relazione del 1* dicembre scorso (giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione per l'esercizio finanziario 2021) non fa sconti: "I pochi riscontri sullo stato delle procedure in corso sono indicativi di non completa cognizione sulle vicende societarie: si richiama l'attenzione della Regione quanto al ruolo istituzionale di vigilanza che le compete. Vi sono procedure la cui conclusione è rallentata per contenziosi pendenti (Comarc in liquidazione, Stretto di Messina in liquidazione)".

Il progetto Ponte. Intanto, sul tavolo di Salvini sono arrivate le prime valutazioni dei tecnici sul Ponte. "Questo progetto non ha eguali a livello mondiale, essendo uno dei più complessi mai intrapresi dal punto di vista tecnico", così lo descriveva Eurolink, attenendosi al progetto di ponte lungo 3.300 metri a campata unica. Un nuovo studio di fattibilità richiederebbe anni, ma il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si era portato avanti prima dell'arrivo di Salvini, con una valutazione alternativa a favore di un ponte a più campate che "consentirebbe di localizzare il collegamento in posizione più prossima ai centri abitati di Messina e Reggio Calabria, con conseguente minore estensione dei raccordi multimodali, un minore impatto visivo, una minore sensibilità agli effetti del vento, costi presumibilmente inferiori e maggiore distanza dalle aree naturalistiche pregiate". C'è anche un'indicazione sul finanziamento. In sintesi, meglio che sia a carico delle finanze pubbliche nazionali, ed europee dove possibile: un investimento privato non potrebbe essere remunerato da un contratto di concessione, perché la brevità del percorso non consentirebbe introiti da pedaggio in grado di garantire la sostenibilità finanziaria.

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