Mentre i nomi di Fabrizio Palenzona e di Gaetano Miccichè, rispettivamente presidente e vicepresidente di Prelios, circolano per la presidenza di Fondazione Crt e di Tim, il primo e il secondo come profilo tecnico al Tesoro o al Mise per il futuro governo Meloni, iniziano a emergere le prime valutazioni sulla società milanese di gestione del risparmio immobiliare controllata al 100% da Davidson Kemper Capital Management e guidata da Riccardo Serrini.

Come rivelato da MF-Milano Finanza il 24 settembre, il fondo di private equity americano ha appena conferito a Goldman Sachs un mandato per la valorizzazione dell'asset per cui la proprietà, secondo alcune fonti finanziarie, chiede circa 1,4 miliardi di euro. Si tratta di una cifra che è maggiore rispetto alla base di trattativa fra Davidson Kemper e doValue per la cessione di Prelios saltata poi prima dell'estate. Già, perché secondo quanto risulta non ci sono stati infatti in passato soltanto i contatti con Intrum, Tinexta e Banca Progetto: anche il servicer guidato da Andrea Mangoni e quotato sul segmento Euronext Star Milan di Piazza Affari aveva infatti messo gli occhi su Prelios. Prima dell'estate gli americani e doValue sono stati impegnati in una lungo negoziato sfociato in un nulla di fatto senza la presentazione di offerte effettive. Il motivo? Valutazioni troppo distanti fra venditore e compratore.

Secondo quanto riferiscono le fonti, gli americani volevano un miliardo di euro, mentre il servicer di Mangoni era disposto a mettere sul tavolo fra 650 e 680 milioni. Fra i fattori che hanno reso difficile la vendita, per cui Prelios aveva arruolato come advisor Jp Morgan, vengono indicate anche le clausole di change of control in capo ai contratti di acquisto di crediti deteriorati da Intesa Sanpaolo e Unicredit, tra i principali accordi in portafoglio siglati da Prelios.

Ora il dossier è in mano a Goldman Sachs che solleciterà i principali investitori strategici e finanziari internazionali, anche se secondo le fonti dato il momento di mercato è molto improbabile che un altro fondo di private equity possa subentrare. Oltre al contesto non favorevole in generale per il m&a, il business degli npl e degli utp sconta anche costi difficili da quantificare per i rincari energetici e delle materie prime. In più, il quadro rialzista dei tassi d'interesse non incentiva operazioni di acquisto spesso effettuate a debito. DK è entrato nel capitale di Prelios nel 2017, dopo un accordo con il nocciolo duro di azionisti composto allora da Pirelli, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Fenice. Ora, al termine di un turnaround e di un ritorno a una redditività crescente che ha portato in cinque anni il gruppo a salire da 300 a circa 750 dipendenti, l'investimento è pronto per essere valorizzato.

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MF-DJ NEWS

1208:23 ott 2022

 

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