di Antonio Amendola *
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Milano, 06 nov - Analizzando i
principali indici di Piazza Affari, emergono due tendenze
contrastanti. Da una parte, il Ftse Mib è cresciuto a doppia cifra
da inizio anno, toccando quota +15,7% (dati al 25 ottobre 2023).
Dall'altra, la performance è stata negativa per tutti gli altri
indici di Borsa che sono, tuttavia, maggiormente rappresentativi
del tessuto produttivo e industriale del Paese: -4,02% il Mid Cap,
- 13,43% lo Small Cap, -14,53% lo STAR; e -16,87% l'Euronext Growth
Milan (ex Aim). Il divario da inizio anno tra il segmento STAR e il
Ftse Mib è di oltre il 30% e rappresenta un unicum da quando
esistono questi due indici. Cosa si cela dietro questa
divergenza?
A trainare il Ftse Mib è stata soprattutto la performance del
settore bancario, che per anni è stato sottopesato nei portafogli
dei grandi investitori globali. Nell'ultimo anno le banche hanno
beneficiato del rialzo dei tassi, che hanno contribuito a
migliorare il margine di interesse, rendendo il comparto più
attraente per gli investitori internazionali. Tuttavia, anche
quando i tassi si abbasseranno per effetto di una politica
monetaria più accomodante, resterà la sfida della marginalità. In
un certo senso, si può dire che il Ftse Mib si sia mosso
sostanzialmente come il mercato americano, con una manciata di
titoli, una decina al massimo, che hanno messo a segno il
rendimento di tutto il mercato.
I due fattori che hanno spinto al ribasso le mid/small cap
Il Ftse Mib espone l'investitore a pochi settori, soprattutto il
finanziario, l'energetico, le utilities e le infrastrutture. Se
cerchiamo diversificazione, occorre fare un po' di selezione anche
tra gli altri indici di Borsa Italiana. Le principali opportunità a
Piazza Affari si possono trovare oggi nelle mid e small cap, che
però hanno sottoperformato nell'ultimo anno per gli effetti
negativi di due fattori tecnici.
Il primo dipende dalla tendenza dei gestori internazionali a
disinvestire dalle mid/small cap durante le fasi di risalita dei
tassi, per via del forte indebitamento di queste imprese. A livello
globale, le PMI fanno spesso ricorso alla leva finanziaria per
crescere. La tendenza a indebitarsi è più tenue in Italia. Basta
considerare il rapporto tra debito netto ed Ebidta delle imprese
comprese negli indici STAR, Small e Mid Cap di Piazza Affari,
decisamente più basso rispetto a quello delle large cap incluse nel
Ftse Mib. L'andamento del rapporto tra indebitamento e capacità di
generare cassa si spiega anche con la spiccata prudenza gestionale
degli imprenditori italiani, i quali da sempre preferiscono
mantenere un elevato livello di liquidità delle imprese, anche nei
periodi di tassi piatti o negativi.
I deflussi dai PIR
La sottoperformance delle PMI italiane dipende anche da un
secondo fattore tecnico: i deflussi dai PIR. I flussi in uscita
assieme alla riduzione dei volumi di scambio ha portato a vendite
forzate, creando però occasione di acquisto interessanti. I PIR
sono stati lanciati nel gennaio 2016 per attrarre capitali verso le
piccole e medie imprese, che costituiscono da sempre lo scheletro
del tessuto industriale italiano. Il beneficio fiscale previsto, a
fronte del mantenimento dell'investimento per almeno cinque anni,
ha spinto però gli investitori ad adottare un approccio tattico
verso questi strumenti. I deflussi registrati da questi veicoli
negli ultimi due anni sono aumentati: 1,6 miliardi nei primi nove
mesi del 2023, che dovrebbero salire a fine novembre a 1,8
miliardi, stando a proiezioni ancora non ufficiali; oltre mezzo
miliardo in tutto il 2022.
Tre titoli da monitorare nelle mid/small cap
Tendenzialmente le mid/small cap tendono ad anticipare le
recessioni e, al contrario, a sovraperformare quando ormai la
recessione è accertata. Il mercato ora le sta penalizzando molto
più di quanto non meritino. Nonostante la recente sottoperformance,
per cogliere le opportunità bisogna concentrarsi su quelle aziende
che hanno superato le crisi e hanno la capacità di far fronte alle
difficoltà guardando al futuro. Bisogna considerare i fondamentali,
che al momento non riflettono le valutazioni in Borsa, partendo
dalla cassa e dall'indebitamento.
Reply, società inclusa nell'indice STAR, che si occupa di
fornitura di servizi e consulenza, era arrivata a trattare anche
sopra i 150-160 euro. Oggi ha una valutazione sotto i 90 euro, ma
presenta una forte capacità di generare cassa. Sta cavalcando,
inoltre, il tema dell'intelligenza artificiale, che ha portato gli
investitori a puntare sui competitor americani ed europei. La sua
sottoperformance è legata, soprattutto, a motivi tecnici. In questo
caso, ai deflussi dai PIR. Era una delle società maggiormente
presenti nei fondi e, per una questione di peso, è stata una delle
più vendute nell'ultimo anno.
Nel comparto industriale, un altro esempio è Biesse, sempre
dell'indice STAR. Si occupa di macchine industriali per il taglio
del legno e del vetro. È un titolo legato all'andamento del Capex e
dei ciclici, ma con una particolarità: su una capitalizzazione di
circa 270 milioni di euro, ha 90 milioni di cassa ed è molto
attenta a preservare la marginalità. Nel caso di Biesse, c'è una
discrepanza netta tra il prezzo di Borsa e il valore dell'azienda:
se guardiamo le valutazioni, sono a livelli di stress; eppure,
l'azienda è sana. Reply e Biesse sono due esempi di aziende che
hanno tutte le caratteristiche di sovraperformare.
Un altro esempio, nell'Euronext Growth Milan, è Azienda
Bresciana Petroli Nocivelli, attiva nel facility management e
costruzioni di grandi opere, quindi legata molto al Pnrr.
Capitalizza circa 100 milioni di euro, ha circa 40 milioni di cassa
e opera in un settore in fermento.
* Senior Fund Manager, AcomeA SGR
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