(da Milano Finanza)

deciso dal ministro Giorgetti e affidato alla gestione del super qualificato Sala. Il problema vero è che con un obbiettivo di incassare dalle privatizzazioni programmate una ventina di miliardi, si fa solo il solletico al debito pubblico che giustamente è l'angoscia del ministro Giorgetti, ma che deve esserlo anche di tutti gli italiani.Qui, Signor Ministro, scusandomi per la noiosa ripetitività, va dato al debito un taglio così netto e consistente per cui guerre, inflazione, recessione, tutte possibili davanti a noi, non mettano in ginocchio il paese. In fin dei conti privatizzando Tim, Ita-Airways, un pezzo di ferrovie e lo stesso Mps, si privatizzano strumenti preziosi anche per la capacità di operare di un governo, visto che la stagione delle privatizzazioni spinte al massimo, anche in altri paesi, ha soprattutto ingrassato i banchieri d'affari. Certe leve operative in mano allo stato e al governo non tolgono niente a una economia capitalistica e alla proprietà privata, che nessuno si sogna di mettere in discussione specialmente su questo giornale. Ci mancherebbe. Del resto, anche la raccolta, privatizzando quello che non indebolisce troppo lo stato nelle funzioni essenziali, è davvero modesta e insignificante rispetto all'enorme debito accumulato dall'Italia come nessun altro paese fondatore dell'Unione europea. Ed è quel debito che mette costantemente in difficoltà i governanti italiani rispetto alle regole e alle autorità europee. Non pensa, Signor Ministro, che gli italiani si siano stancati di essere considerati degli sperperatori, quando in effetti sono il popolo che risparmia di più al mondo dopo i giapponesi e che vede andare, per circa il 70%, il proprio risparmio affidato a fondi e gestioni, a finanziare le economie di altri paesi, visto che in Italia non esiste un vero mercato dei capitali, una borsa che sia a un tempo sistema per la raccolta dei grandi gruppi ma soprattutto per il finanziamento e quindi lo sviluppo delle 200 mila pmi che sono a un tempo la ricchezza e la debolezza dell'Italia? A questo giornale, che ha la missione essere il giornale dei mercati finanziari, corre l'obbligo di ricordarle, per esempio, che dai provvedimenti finanziari che Lei sta varando è, guarda caso, saltato quel minimo contributo per spingere le pmi a quotarsi, cioè il contributo alle spese di quotazione. Ma qui siamo proprio ai de minimis e chi lavora perché le pmi quotate non siano che una piccolissima percentuale di quell'esercito di 200 mila imprese, familiari e non, che tengono in piedi il Paese, mi dice che probabilmente l'errore sarà presto sanato e il contributo ci sarà. Ma il fatto vero è che con l'adesione a Euronext il Paese ha fatto un passo indietro, perché si fregiano del termine euro (quindi Europa) borse come quella di Amsterdam che principalmente, anche se non solo, per trattamento fiscale e di governance, stanno attirando le poche grandi aziende italiane. È ora che di questa realtà si prenda coscienza e che si ricordino le parole di un uomo della competenza e della saggezza del presidente della Consob, Paolo Savona, quando diede l'avviso al momento della proposta di Euronext: Attenzione, disse, si può tentare una borsa europea ma in essa l'Italia deve contare per quella che è la sua economia, cioè la terza della Ue. Chi mena la danza in Euronext pensa di aver assolto i suoi obblighi verso il terzo paese dell'Unione assegnando all'Italia il centro di elaborazione digitale del mercato. Ma qui ci vuole una parità di trattamento sia per le aziende quotate che per chi investe. Ci sarà stata una ragione perché il mercato borsistico della prima economia europea, Francoforte, si è tenuto alla larga da Euronext. Ma l'Italia è debole in Europa perché ha il debito più grande e non riesce altro che a negoziare un po' di comprensione se non di compassione a Bruxelles. Allora, Signor Ministro Giorgetti, la stagione delle privatizzazioni non può mirare a tagliare il debito di 20 miliardi su quasi ormai 3 mila. E soprattutto non si può pensare di privatizzare ciò che è strumento di governo. Lo sa bene, l'alternativa

c'è ed è tutta nell'interesse dello stato, degli enti locali e degli italiani. Degli immobili trasferiti dallo stato agli enti locali per un valore di circa 700 miliardi, ce ne sono per un valore di almeno 300 miliardi pressoché inutilizzati se non abbandonati e che per gli enti locali sono principalmente un costo. Bene, c'è la possibilità di rendere attivi quegli immobili e attraverso fondi di investimento a base locale, come suggerisce il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ma da anni anche questo giornale, per collocarli fra i risparmiatori italiani, riducendo significativamente la dipartita per economie estere il grande risparmio italiano. Ma da un po' di tempo non c'è solo Carlo Messina, che ha dichiarato di mettere a disposizione la grande rete della banca per collocare le quote dei fondi; non c'è solo questo giornale che La importuna una settimana sì e una sì; c'è anche una manager del suo ministero, l'ad di Invimit, Giovanna Dalla Posta, che Lei, Ministro, stima molto, perché la signora degli immobili dello stato ha mostrato che con essi lo stato può incassare. I quasi 500 milioni di utile dell'ultimo esercizio lo dimostrano. Quindi ci sono immobili dello stato che possono essere valorizzati ma ci sono almeno altri 300 miliardi passati agli enti locali che possono essere inseriti in fondi, ristrutturati, valorizzati e i relativi incassi usati per abbattere il debito pubblico, al quale il debito degli enti locali concorre per quasi 700 miliardi. Si immagini, Signor Ministro, la faccia dei gufi di Bruxelles se venisse attuato questo programma. E questo programma è validato dal primo banchiere italiano e dalla più brava manager per immobili che lavora nel suo ministero. Modesta proposta: perché non affida al nuovo dipartimento Economia e finanza, guidato dal più che preparato Marcello Sala, l'incarico di preparare con la privatizzazione degli immobili passati dallo stato a comuni, regioni, città metropolitane (che potrebbero conservare quote nei fondi), il grande taglio del debito pubblico? L'opportunità è lì, da prendere. Al punto in cui si è sul piano finanziario e della sicura pressione che faranno le agenzie di rating e i mercati, l'Italia ha la possibilità di spiazzare il resto d'Europa. (riproduzione riservata)Paolo Panerai (Milano Finanza)

 

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October 21, 2023 01:27 ET (05:27 GMT)

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